sabato 7 agosto 2010

i castelli di sabbia.

Ci vuole tanto tempo per costruire castelli di sabbia; bisogna scegliere bene il quantitativo di acqua con cui amalgamare la sabbia asciutta, bisogna saper muovere bene le mani, dare un taglio di forza se occorre compattare nel modo migliore e avere tanta, tanta pazienza. Ma un castello di sabbia, un castello di sabbia resta: le onde del mare sono più forti dell'impalcatura che si cerca di dare alla terra; perfino la spuma riesce, a poco a poco, ad erodere. E la brezza diventata vento butta giù tutto, in un attimo. Tempo sprecato.
Mi chiedo perché la gente si ostini a costruire castelli di sabbia; trovo che sia un'occupazione molto poco sensata. Costruire per poi vedere tutto distrutto... meglio allora non costruire affatto e passare il tempo a rotolarsi nella sabbia.
Eppure, la mia vita è piena di castelli di sabbia, dalle forme più diverse e complicate, alcuni sembrano addirittura progettati da architetti esperti. Ma hanno fatto, fanno, tutti la stessa fine, basta un attimo; la fine che ha inizio da una sensazione di errore, di fiducia assoldata che viene macinata con indosso il vestito delle feste, di stanchezza. A guardare indietro sembra un campo di battaglia, con i resti abbandonati li, anche un poco a caso, e il fumo che ancora esce da qualche pezzo di carte dato alle fiamme.
Solo che io sono stufa di costruire castelli di sabbia, vorrei cominciare ad usare anche il cemento e il marmo per gli interni.

martedì 3 agosto 2010

dove Lilly voleva stare

Mi piacerebbe che leggeste ascoltanto la canzone "Stuck in a moment" degli U2


Tornò sul luogo del delitto perchè aveva creduto fosse giusto così. Il sangue era ancora lì per terra ma era scuro, adesso, rappreso. Lucas guardava la scena senza battere ciglio, con l'atteggiamento duro di sempre anche se qualcosa, dentro, gridava rabbia e impotenza e solitudine e paura. "Chi l'avrebbe mai detto, eh?" sospirò.

Poggiò lo zaino per terra e si sedette accanto, incrociando le gambe come d'abitudine, come aveva fatto anche quel pomeriggio con Lilly, quando ancora sentiva di essere colpevole per le attese di lei, per il detto e il non detto. Era partito ma era tornato indietro per esorcizzare quell'abbraccio di cui sentiva di avere ancora bisogno. Strinse le arcate dei denti una contro l'altra, fece pulsare la mascella e scurì lo sguardo, cercando di ricacciare le lacrime che si affacciavano sul viso. Lui, che aveva sempre creduto nel potere assoluto della volontà, doveva arrendersi alla vittoria del caso, delle non regole sulle regole, del gioco sporco sul gioco leale, degli anni sugli attimi.
Scontava tutte le colpe passate in quel bisogno di normalità che l'aveva scottato più della stranezza con cui si era sempre dissetato, inaspettatamente desideroso di dolce e non di amaro. Adesso, adesso i giochi erano ormai compiuti e non c'erano più strade possibili da percorrere insieme ma un unico sentiero diroccato che aveva, però, sbocco sul mare, il mare che lui amava tanto e che lo aveva accolto, sempre, a ogni ferita, a ogni ritorno.

- "sei qui". Una voce dolce e sottile lo sorprese. Si voltò sorridendo mansueto perché l'aveva riconosciuta; era lì', ancora una volta, a tendergli la mano per alzarlo da terra.
Si guardarono sorridendo, l'uno cercando ancora di riconoscersi nell'altra.
- "Grazie per essere venuto, Lucas."
- "Non c'è di che".

Lilly si sedette al suo fianco e lo guardò con gli occhi un poco lucidi perché, in quel momento, avvertiva tutto il peso che Lucas aveva caricato sulle spalle, tutte le spine che gli avevano provocato dolore e che lui aveva tolto con pazienza, una a una, disinfettando con cura la pelle trafitta.
Cominciarono a parlare del più e del meno, come fecero la prima volta che decisero di comunicare ma Lucas, all'improvviso, sbottò.

- "Sai, lilly, cosa è davvero terribile per me?"
- "cosa, Lucas?"
- "non vuoi provare a capirlo da sola prima che io te lo dica?"
Lilly abbassò gli occhi: era evidente non volesse e Lucas avrebbe fatto bene a farsi bastare l'attenzione che fino a quel momento gli aveva accordato, per altro a tratti.

"e' terribile sapere che non sei mai stata mia, mai, neanche per un secondo soltanto, nonostante ti avessi tra le mani" Lucas gesticolava come se stesse mimando gli abbracci che l'avevano fatto innamorare mentre cercava di trovarla negli occhi che lei continuava a nascondere per mancanza di coraggio: non sapeva proprio con quali parole ribattere a ciò che Lucas aveva appena detto e sentiva che il momento della verità era tristemente vicino.

- "è così, non è vero?" la incalzò Lucas
- "lucas..."
- "è così, vero? Rispondi!"
- "lucas io..."
- "Rispondi!"
- "Lucas io non...."
e Lucas si alzò di scatto, afferrando con forza la sacca e cominciando ad allonanarsi da lei.
- "lucas, credimi! io non avrei mai voluto farti soffrire! mai!" Lo sguardò di Lilly aveva tutta l'aria di essere senza speranza e la voce cominciava a tremare, come mai era accaduto fino a quel momento. "Lucas, ti prego, fermati!!" urlò squarciando il cielo. Lucas si immobilizzò di scatto ma non si voltò verso di lei e "cosa vuoi?" urlò di risposta, freddo come il ghiaccio. Lilly prese ad andargli incontro ma, arrivata a un centimetro dalle sue spalle, non ebbe il coraggio di toccarlo.
- "lucas, perdonami, io non volevo lo scoprissi così, non volevo! e sapere che adesso stai soffrendo a causa mia mi devasta l'anima ma..."
- "ma tu ami Leandro."
- "Lucas... "
- "... per favore, risparmiami le chiacchiere di rito. Ti avrei aspettato tutta la vita, se tu me lo avessi chiesto. Ma non me lo hai chiesto e io non potrei mai aspettarti, di mia spontanea volontà, sapendo che lo ami anche ancora e che, peggio, non hai smesso un secondo di amarlo, neanche quando era la mia carne che tenevi tra le mani."
- "Sei importante per me, Lucas. Ti ho raccolto io dalla strada, ricordi? ho a cuore la tua vita, sto bene quando mi parli, mi sento felice se posso condividere con te le mie giornate.."
- "ma ami lui, Lilly."
- "non andare, ti prego, non lasciarmi adesso."
- "non posso restare, Lilly e non posso restare perché ti amo. Addio".

Lucas riprese a camminare, mentre una lacrima solcava il viso, lasciando Lilly nella posizione di un plastico, con il braccio teso verso lui che andava via. Ma non pianse, Lilly: in fondo, Leandro la aspettava dall'altra parte della strada ed era lì che Lilly voleva stare.