giovedì 15 luglio 2010

la luce accecante delle palpebre chiuse

Avevo un'idea ma l'ho perduta, si è allontanata come la nuvola di fumo che segue l'atto del tirare con avidità una sigaretta: è rimasta sospesa per un po' davanti a me, leggermente indistinta e poi è andata via. Ho provato a rincorrerla ma non si fa afferrare.
E' libera, come l'aria, scivola ribelle tra le dita.
E' un'idea di fumo che non fa male ma lascia in bocca uno spillo che porta a tossire in modo poco composto. Con la gola brucerà anche l'istinto, colpito dal perdere battute indispensabili alla continuazione di un'insensatezza senza vincoli.
Alcune idee sono castelli di sabbia lasciati a far l'amore col vento e, proprio come il vento, che allontana con impazienza granello dopo granello lasciando uno scheletro di distruzione, così esse subiscono attentati alla struttura per finire tra gli altri granelli, sfinite, confuse e innominate. Domani potrei non avere più voglia di pensare: la realtà è già talmente colorata che appesantire la mente di stupide fantasie non ha davvero senso... E allora oggi andrò a dormire, per nascondere tra le palpebre i sogni che ancora spero possano diventare realtà, per ballare in uno spazio soltanto mio, illuminato a intermittenza da una luce accecante. Nel momento in cui lascio abbandonata ogni parte del mio corpo, mi sento davvero me stessa, mi guardo dal di dentro come se stessi facendo una panoramica dall'alto e mi faccio davvero tanta tenerezza. Non digrigno i denti e non stringo i pugni, non sistemo i capelli davanti agli occhi con gesti inquieti, non resto fissa con lo sguardo ambra su nulla.
Gli occhi sono chiusi, finalmente, e vedono solo quello che vogliono vedere con l'alternarsi di immagini tipico di una sequenza cinematografica. Nei miei momenti di buio lucente posso cambiare idea cinquantamila volte senza sentire il peso della responsabilità, posso fare una carezza e trasformarla in pugno sullo stesso viso e posso sentirmi docile, come non può accadere quando sono sveglia.
Chi l'ha detto che la dolcezza, quella vera, quella autentica, non stia, in realtà, in uno sguardo imbronciato?