sabato 1 maggio 2010

punto.

Punti. Punto esclamativo, interrogativo, di sospensione. Alt!
Punto perché non c'è niente da dire, punti perché ce ne sarebbe troppo ma non sai da dove cominciare.
Punto perché è domanda, esaltazione, sorpresa, ammirazione.
Punto perché ricuce e scuce, punto perché è dolore acuto. punto, punto e a capo.
A capo perché in un nuovo periodo nascono nuove possibilità di espansione, di espressione, di inquadramento, di confronto.
Punti, capoversi e prospettive: lati attraverso cui l'occhio inquadra realtà pronte al rimescolamento della percezione personale, della classica capacità di distorsione bonaria, concessa inavvertitamente a scampoli di ragione.
I sensi, i sensi vincono sulle costruzioni rigide dei palazzi ideologici di anime in pena, in balia di sé stesse, di un bisogno troppo cercato.
L'arte di vivere si impara insieme alla pazienza certosina di chi tesse una tela infinita con fili che non conosce prima che possa girarli instancabilmente e nervosamente tra le dita. All'errore si ripara scucendo e ricucendo, in un continuo di possibilità di correzione che la vita umana non regala. E così, nell'errore, finiamo in punto, punto e a capo, punto e fine, punto di inizio, punto di semplicità comunicativa senza eguali. La beffa di un segnetto nero in un infinitamente bianco e confuso di espressioni: dove c'è fine c'è sempre, potenzialmente, un nuovo inizio.